SCRIPTA MANENT - 13/12/2006

Carmelo

DI FABRIZIO DE LUCA

Il rumore del demolitore idraulico riempie i miei timpani. Cammino per il cantiere con il mio elmetto giallo e i progetti sotto il braccio, gli operai sono al lavoro fin dal primo mattino perché, nonostante l’impegno profondo della squadra, siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Dobbiamo riqualificare e ristrutturare due vecchi casali, in questa meravigliosa campagna a nord di nord di Roma, dove l’uscita dalla città è dolcemente accompagnata dalla vista di prati vedi e docili collinette.

Questi antichi edifici, già adibiti a stalle per cavalli da trotto a riposo, con annessi due grandi appartamenti per i custodi, magazzini e cantine stanno per diventare un moderno e funzionale albergo agrituristico.

La parte esterna è già a buon punto , con due piscine, eleganti e sinuose, che, tra ponticelli e giochi d’acqua disegnano eleganti curve nel terreno, dove prima c’erano solo orti, prati e un galoppatoio. Un nuovo galoppatoio è stato ricavato a ridosso della strada principale, in modo che si veda bene e possa fare da vetrina all’esercizio tutto.

Dei ventiquattro stanzini per i cavalli ne saranno salvati solo quattro, che saranno dimora di altrettanti mansueti cavalli, con cui gli ospiti dell’agriturismo potranno trascorrere momenti rilassanti.

Dove c’era un grande galoppatoio, a fianco del solarium e delle piscine è stata messa a dimora un lungo filare d’uva , che nell’intenzione del proprietario dovrà regalare un prezioso nettare già tra due anni e un boschetto di ulivi, alcuni messi a dimora già antichi e nodosi, altri giovani e timidi, ma capaci già di fruttare.

Reception , servizi, cucine e magazzini saranno ospitati ai piani terreni , mentre le stanze per gli ospiti saranno disposte tutte al piano superiore.

Non è stato semplice ottenere il parere favorevole per il cambio di destinazione d’uso, ma alla fine ci siamo riusciti.



Passo davanti alle quattro stalle rimaste, sono ancora da sistemare; in terra c’è ancora il miglio e la paglia, che servivano per rendere più piacevole la permanenza di ex campioni del trotto o del galoppo. Talvolta questi animali in pensione venivano usati per la monta , da allevatore speranzosi di veder nascere altri campioni.



Ancora una volta leggo il nome di uno di questi campioni a riposo a cui ero legato in modo particolare : Carmelo.

Era una bestia fiera , elegante e possente, di un nero così intenso da essere quasi splendente.

Che strana coincidenza la vita, da piccolo per anni avevo frequentato questi posti, perché i custodi erano amici di famiglia, ed ora mi ritrovo qui in veste di capo cantiere.



Anche se la ristrutturazione riqualificherà l’intero sito, una certa malinconia nel ricordo del passato pervade il mio animo.

Mi tornano alla memoria le corse tra i vialetti , i giochi sotto gli eucalipti o gli altissimi pini, le carrube , i rovi ad Agosto pieni di golosissime more, il canto dei passerotti, che si corteggiano a primavera, il volo delle rondini ed i loro nidi; ricordo le cene all’aperto, le prelibatezze preparate dalla padrona di casa , le lasagne , le fettuccine o i tortellini fatti a mano.

Muri , i muretti, le fontane e il lavatoio e perfino le panche sono densi di ricordi, di emozioni di profumi e di giochi.



Anche questa targhetta con su scritto “Carmelo” riempie la mia mente; alcune formichine portano frettolosamente al riparo quanto più miglio che possono. Ne prendo un po nella mano, chiudendo gli occhi per meglio assaporare il profumo di questo cereale.

Ricordo gli occhi di Carmelo quella volta in cui sgattaiolando dentro la sua stalla per la prima volta mi avvicinai cosi vicino a lui, mi schiacciai contro la parete mentre lui, gigantesco, mi si avvicinava sbuffando e scotendo la folta criniera fino a sfiorare il mio viso. Abbasso il suo muso e sbuffando spinse un mucchietto di semi di miglio davanti ai miei piedi. Ne raccolsi un poco e lo porsi a lui. Diventammo amici, questo restò il “nostro” segreto. Per anni entrai di nascosto nella sua dimora per parlare con lui, mentre lo riempivo di coccole e carezze . Lui sembrava gradire la mia vicinanza ed i suoi occhi parevano capire i miei discorsi, la mia solitudine le mie infantili angosce.

Un giorno non lo trovai. Era andato a galoppare nelle celesti e verdi praterie del cielo.



Ho lottato per far si che una delle cellette da salvare fosse proprio la sua, alla fine ci sono riuscito ed eccomi ancora qui, a sfiorare ancora queste pareti annusando gli odori e i profumi puri ed intensi di un tempo passato.



Chiudo gli occhi. Qualcosa , che sembra la criniera di un cavalli, sfiora il mio viso, ancora una volta , riaprendoli, mi sembra di udire il galoppo di un cavallo che si allontana di corsa. Esco dalla celletta e vedendo due operai nel corridoio impegnati a rasare l’intonaco del corridoio, domando: << avete visto un cavallo?>>

Per tutta risposta ricevo una eloquente quanto fragorosa risata.



Si forse mi sono immaginato tutto anche oggi, resta il fatto che a me piace sognare che, ogni volta che entro in questa stalla, Carmelo scende un attimo tra noi per darmi un piccolo ma dolce saluto.

Ritorno al lavoro, mi giro di nuovo, tra la polvere dei calcinacci noto un’impronta famigliare: una impronta a forma di ferro di cavallo, una impronta sulla polvere fresca, lasciata li da un purosangue da poco. Si da poco, solamente che sono ormai cinque anni che in questo posto non alloggia più alcun cavallo.