SCRIPTA MANENT - 01/12/2006

Enne Emme

DI FABRIZIO DE LUCA

La tristezza e la malinconia pervadono ogni angolo ed ogni molecola del mio corpo. Certo cerco la magra consolazione pensando che la persona che è mancata al mio affetto ormai era molto anziana e, a dire il vero , piuttosto malata. Ma questo pensiero non allevia la mancanza. Ormai è un mese oggi che è andato via , volato in cielo come una colomba, ed io sogno che sia stato solo il saluto di una Fenice. Invece devo rassegnarmi a vederlo nei ricordi della mia mente, di mantenere vivo il suo volto e le sue dolcissime parole nei miei ricordi. Un mese ma sembra ieri, il 10 novembre del 1999 , una telefonata convulsa , il tonfo al cuore con la certezza che ormai non c’era più alcuna necessità di correre con l’auto per raggiungere la sua casa, l’amara sensazione mista ad un gelido alito di vento, che la Nera Signora in persona mi avesse telefonato non per dirmi che stava male, bensì che era morto. Un mese, già un mese è passato , siamo alle soglie del duemila, le persone sono divise tra l’ansia del cambio del millennio e l’eccitazione dell’ignoto, la curiosità di un futuro che, pochi anni fa, pareva irraggiungibile.

Passeggio in questa tranquilla mattinata per i vialetti di questa silente città dell’oblio. Un gelido vento di tramontana pulisce l’aria facendo saltellare allegramente mulinelli di foglie e petali di secchi fiori; è curioso il contrasto con la malinconia e il dolore del posto con la dolcezza dei colori che mi circonda. Ho acquistato un grande mazzo di fiori, di quelli colorati in cui i profumi disegnano i fiori ancor prima di vederli. Non è facile ricordare dove sia l’ultima dimora , mi sembrava più vicina, forse girando in questo viottolo farò prima. Il sole colpendo le punte danzanti dei cipressi disegna armoniosi girotondi di ombre sul selciato. Cammino attonito, diviso tra il desiderio di ricordare e la disperazione di dimenticare.

Arrivo in una piccola spianata; mi colpisce l’estrema semplicità e lo stile povero e spartano delle croci che completano le tombe di questo lotto. La curiosità mi spinge a curiosare tra queste misere croci. La cosa che mi colpisce , oltre alla semplicità, di queste dimore, è la totale assenza di fotografie. A volte manca addirittura il cognome del defunto, solo un nome una data, a volte dei piccoli pupazzetti o dei giochi scavati e rovinati dal tempo, sono l’unico indizio che li sotto potrebbero riposare le spoglie di alcuni bambini. Continuo ad osservare , un brivido profondo sale lungo la mia schiena, lo stesso orribile tremore che ascolto dentro di me ogni qual volta sento la mano della morte vicino a me. Tutte queste lapide disadorne hanno in comune due lettere N.M. .

Mentre mi avvicino ad una sento una presenza a fianco a me. Un ragazzone alto più di me, biondo, con due occhi verdi pieni di commozione sta osservando la stessa croce davanti alla quale sto fermo da alcuni minuti. E’ alto, fermo sulle gambe, eppure la sua eterea espressione trasuda sofferenza , i suoi occhi cantano tutto il dolore ed il rimpianto che da anni ha chiuso nel suo cuore. Lo guardo e, accennando un timido sorriso, provo a domandare:

<< era un tuo parente?>>

<< Si…>>

Si volge verso di me , il suo labbro disegna una smorfia che sa di dolore.

<< Stavo camminando e mi sono ritrovato qui, sto disturbando le tue preghiere?>>

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Lo guardo, sembra non soffrire il gelo di questo vento, una felpa ed una camiciola e sotto dei jeans che si piegano sotto le fredde raffiche, i lunghi capelli biondi giocano a nascondino con il suo viso, lasciando scorgere un viso delizioso .

Visto la sua innocente cortesia provo a fare delle domande, per sapere qualcosa di più su quel posto e su quella tomba.

<< Posso farti alcune domande?>>

<< Certamente, dimmi…>>

<< Volevo sapere come mai queste tombe sono così disadorne e cosa significa la scritta ENNE EMME?>>

Mi guarda accennando un sorriso.

<< Comincio dal secondo quesito, ENNE EMME sta per Nato Morto…vedi qui riposano tutti quei bimbi che sono venuti alla luce senza poter respirare l’aria di questo mondo meraviglioso! Qui sono sepolti i resti dei bambini che , purtroppo sono nati già morti!>>

Ho voglia di piangere , adesso capisco, sto camminando sono a centinaia di bare di bambini mai nati! Mai nati capite qui sotto ci sono tantissimi bambini che non sono mai nati, che non hanno mai pianto, che non hanno mai riempito di felicità la loro Mamma con i loro armoniosi vagiti.

Capisce il mio disagio, e lui mi mette una mano sulla spalla e continua la spiegazione.

<< Il secondo quesito lo capisci da te , vero? Sono bambini che i genitori non vogliono ricordare, non hanno mai dato gioie ma solo un assurdo quanto assordante dolore . Al massimo il papà e la mamma lasciano su queste tombe un giocattolo , destinato al piccolo, e poi scompaiono per sempre, cercando di rimuovere il dolore della perdita annichilendo il ricordo!>>

Capisco, e capisco anche la disperazione di chi preso dalla tragedia decide di abbandonare nell’oblio queste povere creature.

Provo ad abbozzare un dialogo.

<< Allora qui c’è scritto VALERIO N.M. 10.12.1981 sta a significare che questo povero bambino è nato già morto il 10 dicembre del 1981…?>>

Mi rendo conto dell’idiozia della mia domanda, guardando il ragazzone che cambiando espressione scoppia in lacrime, con il volto contrito dal dolore, simile ad una maschera agonica di una tragedia greca. Lo abbraccio, le sue lacrime bagnano le mie gote, mentre mi cinge con le sue forti e giovanissime braccia.

<< Non ho i soldi per portare nemmeno un fiore!>> guardandomi mentre con una manica della felpa si asciuga il viso.

<< Guarda ti ho i miei..>>

<< Ma no…come farai…per chi erano?>>

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Gli porgo il mazzo di fiori. Lui annusa come se fosse una fonte vitale le fragranze che emanano queste gemme floreali.

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Lo osservo pregare mentre sistema i fiori intorno alla croce del piccolo Valerio.

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I suoi capelli biondi svolazzano tra i raggi del sole spinti dal respiro del vento, si allontana di spalle accennandomi un saluto e con una frase che mi gela il sangue nelle vene.

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Lo seguo con gli occhi, guardo i fiori la tomba vedo quella figura allontanarsi tra i cipressi.

Lo chiamo: << Scusami ma te come facevi a conoscerlo, scusa ma te quanti anni hai mi sembri così giovane…?>>

Lui si ferma….il sole disegna una magica aureola di luce accecante intorno al suo capo.

<< Diciotto, oggi faccio diciotto anni….>>

E’ giovane diciotto anni …è il suo compleanno ma allora? Leggo di nuovo quello che a me sembra un dubbio invece è una tremenda certezza….VALERIO N.M

10.12.1981 !!! Valerio oggi avrebbe diciotto anni…ma allora!

Mi giro e cerco la figura di quel ragazzo ma all’orizzonte solo tombe, lapidi e alcuni spazzini che si danno da fare a raccogliere alcuni cumoli di fiori secchi.

<< Valerio…Valerio…!>>

Nessuna risposta, forse è tornato a riposare nel suo eterno oblio.

Una goccia …riga mio volto, mi infilo una mano nella tasca del giaccone e sento tra le mie mani un qualcosa di morbido nella mia mano. Tiro fuori e guardo cos’è: Un piccolo cagnolino di peluche scolorito dal tempo. Al collo ha una piccola targhetta di metallo con incisa una frase << AL PICCOLO VALERIO LA SUA MAMMA CON AMORE>> Le lacrime diventano pianto…cado in ginocchio e inizio a singhiozzare.