SCRIPTA MANENT - 10/10/2010

Ti sento ancora, ti rivedo: “…purtroppo, Paolo Mazzullo è morto”.

DI CIRO

Si è quel che si è da vivi e appena dopo morti, sennò s’incorre nei patetici commiati in cui ci si affanna a tesser elogi per chi non c’è più. Si dovrebbe avere il coraggio di dire a un malfattore appena morto che era un figlio di buonadonna. Ma Paolo era il più autentico e magnifico dei figli di buonadonna! Perché chi mette voce-pensiero-corpo in radio affermando cose scomode e “non politicamente corrette”, gestendo alla sua maniera spiccia ma (vivaddio!) con autorità le vicende della Radio, non temendo reazioni e dissensi e quindi pochi ascolti, è comunque una persona da stimare, da rispettare. Certo ne ha avuti di avversari e persone distanti dal suo pensiero (compreso io!)… Ma oggi mi riprende la ben nota sensazione di gola secca e vuoto allo stomaco. Purtroppo Paolo non è c’è più. Purtroppo – qui parola inflazionata - ci sono quelli come me che non sanno piangere e non manifestano il malessere all’esterno . Oggi la notizia dall’amico Emilio, a cui chiedevo il perché di due giorni in cui non andava in onda. Questo il laconico messaggio: “ciao Ciro, purtroppo Paolo Mazzullo è morto”. Poche essenziali parole cambiano il mondo, la storia. Non so di cosa e come sia morto, a questo punto poco importa! Forse, credo, una cosa improvvisa… E questo la dice tutta su come la morte sia sempre un furto e una violenza! Come credente porterò al buon Dio - credo che male non gli faccia! – un pensiero e una preghiera per il “buon” Paolo, seppure lui si è sempre palesato lontano da quanto sapeva di chiesa. Perché “buono” è anche chi è sincero, chi non finge, chi dice la verità (magari la sua!) ma è comunque in buona fede. Eppoi le categorie sono etichette che appiccicano gli uomini, non certo il “Principale” di lassù.

Ti rivedo con la giacca jeans davanti al Qube una sera, a un concerto di un mio amico in una cover band dei Muse, coi capelli grigi, appoggiato sospeso a una transenna, in un atteggiamento da “artro che giovani d’oggi!”, figura minuta ma temperamento energico. Oppure una mattina dell’aprile 2009 all’angolo di Via Gabrielli, la via della tua amata Radio Rock, il giorno in cui partisti insieme a decine di ascoltatori (la “testa” della carovana col fido Marcello) in improvvisati camion per portare materiale e cibo ai terremotati. Mi pare di ascoltarti ancora il sabato sera (a spezzoni) e qualche volta intorno alle 14 per “l’ora del panino”. Oggi, al pensiero di te, mi succede di accostarti a Giorgio Gaber, autore che tu hai amato tanto. Quante volte hai trasmesso “Qualcuno era comunista” e “La mia generazione ha perso”. Ecco qualcosa che ci accomuna al grande Giorgio: il rigore, la passione per le idee e il coraggio di spararle, a volte anche brutalmente o con volgarità ma sentite, vere. Pensare a questo e al fatto che pochi anni e sono tuo coetaneo mi fa rabbrividire! Sei andato via troppo presto! La morte “colpisce” chi rimane, cioè noi. Questa ingiustizia chiamata morte è una cosa che non ti riguarda, ormai tu sei nel “mistero” dell’aldilà, noi restiamo quaggiù sbigottiti e ignari, pensando di essere eterni e non avendo spiegazione al dolore e alla morte. L’ultima speranza, anzi una certezza, è che la tua “creatura” deve continuare, è quasi un debito morale verso di te! E’ la gratitudine che sono chiamati a manifestare DJ e non solo per le tante energie da te spese in quest’avventura chiamata Radio Rock.

Ciao per sempre Ciro.