SCRIPTA MANENT - 11/10/2010

Paolo Mazzullo saluta tutti. Senza guardarsi indietro.

DI BORIS SOLLAZZO

Maledetto Paolo. Te ne sei andato di mercoledì, dopo aver comprato un mixer nuovo senza neanche averlo settato. Hai ammutolito la tua radio per due giorni, quella Radio Rock che viaggia sulla frequenza 106.600FM da anni, e che proprio come te, ha creato tanti ascoltatori, o meglio seguaci, almeno quante incazzature ha fatto prendere. Capace di scagliarsi contro tutto e tutti, e poi di metter su insieme alla sua squadra una clamorosa raccolta di risorse per i terremotati d'Abruzzo, capitanata da Marcello Caponi. Sei morto da rockstar, a 52 anni, perché uno come te non poteva invecchiare. Due infarti, medici e medicine ignorate come le elementari regole di sopravvivenza: non ti sei negato nulla. Mi sembra strano darti del tu: non ti piacevo, mi hai concesso appena qualche borbottìo di saluto, sopportavi poco quello spazio cinematografico che negli ultimi tre anni e mezzo mi ha concesso Emilio Pappagallo, che ieri mattina ha regalato un tuo ricordo vero, nudo, implacabile nel bene e nel male. Come eri tu e come è lui: sempre fuori dagli schemi, polemico nel senso etimologico del termine, scomodo e libero come chi non ha ideologie preconfezionate ma solo la forza del proprio cervello e del proprio carisma. L'altroieri sono entrato per la prima volta nel tuo ufficio: ne avevo quasi paura, fin da quando, in una diretta notturna, rispondendo a un sms, mi avevi massacrato dicendo cosa pensavi dei critici cinematografici. E oggi, dalle parole di Emilio Pappagallo, che ora è uno dei migliori speaker radiofonici su piazza anche per le mille battaglie fatte fuori e dentro la radio (pure con te) in un decennio, è uscito il tuo ritratto. Sentito, sincero, struggente. E ho capito, con rabbia, che persino a me mancherai. Non solo alla tua famiglia, alla tua socia e sodale Patrizia, ai collaboratori e dj che in questi 26 anni hai creato, trovato, perso, scoperto, fatto arrabbiare e crescere. O persino scappare. Ma pure a quest'uomo a cui hai fatto arrivare la tua solidarietà per vie traverse- "non m'ha mai detto un bravo - ha ricordato Pappagallo- o una pacca sulla spalla"- nel momento più difficile vissuto proprio a Radio Rock, un linciaggio morale e politico, uno di quelli a cui tu eri abituato e un po' t'andavi anche a cercare. Era davvero difficile volerti bene, eppure in questi giorni è evidente che tutti te ne volessero, nonostante tutto (o proprio per quel tutto), dagli ascoltatori a cui hai regalato uno spazio unico di confronto a chi ha lavorato con te. Se ne va un pezzo di radio, biascicata e selvaggia, molto anni '70, che ora non c'è più. Eri l'ultimo dei mohicani, anche se molti ti chiamavano Puffo Rock. Mi feriva la tua disistima, eppure negli ultimi mesi mi salutavi, mi sorridevi (bugia: il massimo che riuscivi a fare era uno strano ghigno), eravamo persino diventati amici su facebook. Forse ti divertiresti a vedere che di te scrivo proprio io, che venivo solo una volta la settimana, per quel maledetto cinema di cui ieri, venerdì, non abbiamo parlato e la cosa, scommetto, t'avrà fatto piacere. O forse no, perché protestavi, Emilio difendeva la sua libertà editoriale, e tu la rispettavi. Ecco, Emilio e tutti i suoi colleghi, o anche gli estemporanei membri della famiglia Radio Rock, hanno sempre avuto libertà, un bene che in questo paese è andato smarrito. Non solo nessuna la esercita più, ma ormai nessuno ne conosce neanche il significato. Insomma Paolo, incazzato com'ero perché nessuno sui giornali (ma molti colleghi in radio e il Tg3) ha ricordato la tua scomparsa, ma soprattutto la tua presenza ingombrante ma fondamentale nella storia della radiofonia romana, volevo provare a dare un ritratto sobrio di quello che eri, del tuo selvaggio talento professionale, delle tue intuizioni e dei tuoi sbagli, dei pregi e tanti difetti. Ne è uscita una lettera aperta, un po' scombinata, come te. Ieri, a Radio Rock, a Via Rodolfo Gabrielli di Montevecchio a Roma, tutti gli ascoltatori, amici, colleghi hanno potuto ricordarti, con un raduno spontaneo nei tuoi studi. Rigorosamente non insonorizzati. Niente funerali, tu orgoglioso e sbattezzato, sei diverso e controcorrente anche da morto. E allora ciao geniale e insopportabile Paolo Mazzullo.