SCRIPTA MANENT - 02/01/2008

Scusate, ci siamo sbagliati

DI ALEX66

Siamo sul pianeta DFSSCRDLN, nell'anno 21587,33.2-55a. Agli albori della civiltà.
Ci sono degli esseri che adorano un dio, che chiamano JYHHV. Costruiscono templi in suo onore, se li fanno distruggere da altri e poi li ricostruiscono (sono fatti così); e vanno avanti, felici e contenti, per millenni.
Poi un bel giorno spunta uno e dice:
"Basta col dio JYHHV! Da adesso adoriamo il dio PFSSTR!".
Elessero un Dada, il loro capo spirituale, e iniziarono a organizzarsi.
E cominciarono a schernire, convertire a bastonate, perseguitare, torturare e uccidere quelli che resistevano nella vecchia fede, mentre nelle preghiere al loro dio li chiamavano 'perfidi'.
Passarono duemila anni, poi un giorno il Dada di turno si affacciò al balcone e disse:
"Scusate, ci siamo sbagliati. Non sono più perfidi."
"Oooooh", disse la folla sotto al balcone.
"Chiediamo scusa a costoro, a tutti quelli che abbiamo ammazzato", disse uno.
"Si, si!", rispose la folla.
"Non si può", disse una voce dal fondo.
"Perché?".
"Perché sono morti".
"Ah, già".
"Facciamo così", disse il Dada, "andiamo a trovare i superstiti e chiamiamoli 'fratelli maggiori', così li facciamo contenti e la smettono di rompere i coglioni".
"Si, si!", gridò la folla, "evviva, evviva il Dada buono!".
E così fecero.
E vissero tutti felici e contenti.

Nel frattempo gli adoratori del dio PFSSTR avevano rinchiuso le loro femmine in cucina, poiché avevano accertato che esse non erano fornite di anima. E se una delle loro femmine per un istante posava il mattarello sul tavolo dicendo: "sono stanca", essi la mandavano al rogo con l'accusa di stregoneria.
Passarono dei secoli, poi un giorno il Dada di turno si affacciò al balcone e disse:
"Scusate, ci siamo sbagliati. Anche le femmine hanno l'anima."
"Ooooooh", disse la folla sotto al balcone.
"Chiediamo scusa a costoro, a tutte quelle che abbiamo bruciato", disse uno.
"Si, si!", rispose la folla.
"Non si può", disse una voce dal fondo.
"Perché?".
"Perché di loro non resta che cenere".
"Ah, già".
"Allora beatifichiamo una mandria di femmine", disse il Dada, "così ci mettiamo in paro. Ma che siano vergini, sennò non vale!"
"Si, si!", gridò la folla, "evviva, evviva il Dada buono!".
E vissero tutti felici e contenti.

Secoli dopo il vecchio Dada morì (morì rifiutando le cure, facendo così il contrario di quello che aveva sempre propugnato, ma questa è un'altra storia), e si fece un nuovo Dada.
Il nuovo Dada un giorno si affacciò al balcone e disse:
"Quelli lì, quelli che adorano il dio HLLH: sono brutti, sporchi e cattivi".
"Ooooooh", disse la folla sotto al balcone.
"Ma come ti permetti? Ritira subito quello che hai detto!", risposero in coro gli adoratori del dio HLLH.
"ehm... scusate, ci siamo sbagliati. Non sono brutti, sporchi e cattivi", disse il Dada.
"Ooooooh", ridisse la folla sotto al balcone.
"Chiediamo scusa a costoro, a tutti quelli che abbiamo avversato", disse uno.
"Si, si!", rispose la folla.
"Non si può", disse una voce dal fondo.
"Perché?".
"Perché non ne vogliono sapere".
"Ah. Beh, cazzi loro".
"Evviva, evviva il Dada buono!", gridò la folla.
E vissero tutti felici e contenti.

Passarono diecimila anni.
Un giorno il Dada di turno si affacciò al balcone e disse:
"Scusate, ci siamo sbagliati. Quelli là, quegli schifo... ehm, quelli che si accoppiano tra di loro, maschio e maschio, e femmina e femmina, non sono più contronatura".
"Ooooooh", disse la folla sotto al balcone.
"Chiediamo scusa a costoro, a tutti quelli che abbiamo discriminato", disse uno.
"Si, si!", rispose la folla.
"Non si può", disse una voce dal fondo (il solito rompiscatole).
"Perché?".
"Perché non ce ne sono più; i pochi superstiti li abbiamo segregati sul pianeta LGBTFNCCHCNTRNTR, dove è pianto e stridore di denti".
"Ah, già".
"E allora cosa facciamo?".
Seguì un attimo di sgomento. Poi il Dada riprese la parola e disse:
"Tranquilli ragazzi, ci penso io. Datemi un paio d'ore e vi trovo qualcun'altro da vessare".
"Si, si!", rispose la folla.
"Evviva! Evviva il Dada buono!".
E vissero tutti felici e contenti.

Più o meno.