PRIMA PAGINA - 02/11/2011

Indie dixit

DI MARIAELENA BARONCINI

Gli indie fanno i simpatici aprendo gruppi su facebook che prendono per il culo gli indie. Anche i radical chic lo fanno. Deve essere una specie di vaccino. Si inoculano dosi non letali di roba che fa gente che credono diversa da loro per poter sopravvivere a loro stessi. Gli indie si stanno sul cazzo da soli.
Ma, alla fine, che gli piace all’indie?
1) tutto ciò che è uscito da non più di 3 giorni
2) tutto ciò che si sentono solo loro e l’amico loro che sta in Inghilterra e glieli ha fatti conoscere
3) tutto ciò che fa simpatico ma con stile, messo giù con attitudine blasè, fare retrò, e terribilmente raro, tipo Raffaella Carrà ma non troppo, con una versione uzbeka di “A far l’amore comincia tu”. Si sentono tanto simpatici a dire che gli piace Little Tony.
4) i primi due album. Di tutto.

Gli indie vanno solo alle serate indie. A volte ci andavo per fare indiewatching. Si annoiano. A morte. Si chiedono perché in questo momento non sono a Londra. Hanno tutti fatto e visto di meglio, hanno facce scazzatissime. Se ti diverti, sei out. L’ubriachezza deve sempre essere quella esistenzialista, bukowskiana. Tornati a casa scriveranno post si quanto stanno fuori, spesso accompagnati da citazioni di Foster Wallace. Vanno al bagno a frotte, ma non hanno bisogni fisiologici. Si devono fare le foto al bagno, con la bocca a culo di gallina se si è donna, facendo le pistole con la mano tipo Julian Casablancas se si è uomo o giù di lì. Non ci provano con nessuna, è mainstream. Le tipe si agghindano per non darla a uomini che non gliela chiederanno mai. Poi se scopi si rovina la frangia. Molti si conoscono. Si sono visti a Benicassim due anni fa, a Goteborg lo scorso anno, lo Sziget no, è diventato una merda. Hanno aneddoti spassosi. Una ha incontrato Pixie Geldof che vomitava al bagno del Fabric. Le più fortunate hanno assistito a un’epifania di Kate Moss. Maglie a righe, spillette, ballerine. Sembrano l’Atletico H&M. Pantaloni strettissimi. Metrosessualità. Emaciatissimi, apprezzano il cibo solo perché Alex Kapranos fa il critico gastronomico per il Guardian. I baristi ti servono, svogliati. Io sono qua a farti una caipiroska ma potrei stare a Ibiza a fare il bartender all’Amnesia (data la stagione, a Sandy Marton), coglione. Il Fish’n’Chips anni fa era un’altra cosa. Ci andavano quando ancora non ci andava nessuno. New York è un altro mondo. Seguono i corsi di fotografia al pastificio Cerere. L’anno scorso, in un pub a Shoreditch, hanno visto suonare un gruppo favoloso che fra un paio d’anni spaccherà, ma quando avrà spaccato a loro farà già schifo. Ma Kele Okereke sta ancora coi Bloc Party?
Il culto della novità ciancica i suoi adepti in skinny jeans, basta un soffio e sei out. Com’è dura stare dietro a tutto. Bastano un paio di Air Max e sei fottuto. Sarai deferito dall'ordine supremo dei frangettari e messo in un inferno in cui la punizione più atroce sarà ascoltare in loop l'ultimo (il primo?) dei Beirut. E non incontrerai mai Alexander McQueen.