PRIMA PAGINA - 20/10/2011

Ramblas

DI MARIAELENA BARONCINI

Oggi vorrei parlare dell’italiano medio(cre) che va a fare il figo a Barcellona. No, non è la Parigi esistenzialista o la swinging London la nuova mecca del gggiovane. A Barcellona si trova lavoro. A Barcellona si va a fare l’Erasmus. A Barcellona si va per fare un’esperienza. Terra promessa di ogni sfascione per cui il massimo della vita è sbracarsi a terra a San Lorenzo o al Pigneto facendosi le canne e bevendo robaccia, sognando di farsi le canne e bere robaccia sbracato a Plaza Mayor o sulla Rambla piena di spacciatori, “artisti” di strada - nella migliore delle ipotesi ex impiegati brianzoli che hanno fatto l’eroica scelta di mollare tutto e mettersi a fare il coglione-, e puttane nigeriane sfatte in tuta. I cervelli fuggono, stanchi di un paese rimasto troppo indietro e che li condanna al precariato, e se ne vanno a Barcellona. E preghiamo che non tornino (ma lo fanno, lo fanno) perché se tornano i loro racconti da reduci saranno micidiali, quasi come le diapositive del viaggio di nozze che gli amici ti costringono a vedere dopo averti sequestrato.
La Spagna, gli spagnoli.
Divertimento forzato, vino schifoso mischiato a Coca Cola, ostentata trasandatezza e studiatissimo fare “easy”, sembrano eterni adolescenti con le chiavi di casa. Usciti da una dittatura a fine anni ’70, hanno vissuto fino ad allora fuori dal mondo, l’emancipazione per loro non è coincisa con il ’68 e le grandi battaglie civili, ma con un fenomeno paraculturale, la movida, votato all’edonismo e alla sguaiatezza. Che poi tra l’austerità di una Marianna sulla barricate parigine e le pere di Sabrina Salerno non ci sia storia, questa è un’altra cosa. Poi ci sono gli spagnofili, diciamo così, intellettuali. E’ uscito il nuovo film di Pedro. Pedro. “Loro” lo chiamano così. Leggono le cazzate di Javier Marias, apprezzano le spinte autonomiste catalane, hanno fatto un paio di esami di architettura e straparlano di modernismo e audacia costruttiva, sprecando tali termini per quel suppostone blaugrana della Torre Agbar o i vetrini colorati di Gaudì.
Anche se a Roma esci solo una volta al mese pe andà a magnà la pajata, ti devi essere fatto il giro in macchina della Spagna con gli amici o l’Interrail là in gioventù, e la discoteca a Ibiza o a Formentera deve piacerti per forza, sennò sei uno sfigato, così come le loro megafeste tipo la Semana Grande a Bilbao o roba del genere.
Poi, vabbé, pure se schifi il calcio devi per forza tifare Barcellona e essere fan di Messi, anche perché Saviano ci ha scritto un capitolo nel suo “La bellezza e l’inferno”.
E’ dai tempi in cui gli abbiamo dato la Carrà che ci stanno rubando il fior fiore della nostra cultura, le nostre forze giovani, pure Fabio Volo, tempo fa. E quella che potrebbe essere la futura classe dirigente, invece, se ne va a ballare al Razzmatazz.