PRIMA PAGINA - 10/01/2011

Mario Adinolfi a Radio Rock

DI BORIS SOLLAZZO

“Sto meglio”. Nel morning show di Radio Rock 106.600, condotto dal dj Emilio Pappagallo, esordisce così Mario Adinolfi, reduce dalla violenta aggressione di un branco di adolescenti sabato scorso, a Roma. “Ci sono meccanismi che dobbiamo analizzare. La polizia ha identificato il mio principale aggressore- quello che nella ricostruzione veniva soprannominato il “Boccia”-: è un ragazzo di 16 anni, con il mito della boxe e la testa rasata, che ha abbandonato la scuola e che nel vuoto dei valori attuali ha scelto la violenza. Il punto è che noi dobbiamo capire le radici di questa violenza, di questa rabbia. E dobbiamo fare di tutto per evitarla, come cominciare a depurare il nostro linguaggio da tutti gli elementi che possono alimentare il fuoco che già c'è. Andare a Rai3 e sentirsi dire “devi essere picchiato”, non deve più accadere”. Naturalmente si riferisce allo scontro avuto con il direttore de Il Giornale Sallusti, ad Agora. “Mi ha chiamato, è stato gentile, e devo dire che il suo è stato l'unico giornale a parlare di quello che mi è accaduto in prima pagina. Con una buona ricostruzione, anche se poi oggi scrive che io avrei inneggiato, in quella trasmissione, alla violenza contro un finanziere. Basta vedere la registrazione per scoprire che è falso. Per il resto, Repubblica ha dedicato 4 righe di circostanza: ho l'impressione che se fosse successo a un altro, magari a Sallusti stesso, ora saremmo inondati da prime pagine indignate”. Chiede attenzione, Adinolfi, perché “ora ogni cosa, ogni aggressione è lecita. Non deve succedere. Negli Stati Uniti a causa di questo clima, mettono mano alle pistole, questo paese per fortuna ha ancora anticorpi forti, ma ci avviamo su quella china. Tutti stanno diventando nemici, nei clan giornalistici, nello sport, nella politica, tutti sono contrapposti pericolosamente”
Ricostruendo il suo sabato di paura, Adinolfi racconta che gli hanno urlato “diamogli addosso al ciccione della tv! Erano euforici questi 8, forse sballati. Sono stato aggredito con un gesto emulativo rispetto all'immagine del giovane che ha colpito con casco un suo coetaneo nelle manifestazioni contro la riforma Gelmini, forse anche perché lo stesso aggressore chissà quante volte lo aveva rivisto. Un altro, mentre venivo colpito, citava Romanzo Criminale: lungi da me colpevolizzare una serie che adoro, ma bisogna riflettere sull'esaltazione della violenza urbana.
Io ho provato a ragionare con loro, ma mentre parlavo ho ricevuto un pugno in faccia. Per fortuna il padre mi ha scritto una bellissima lettera, molto addolorata, segno che comunque all'interno della famiglia la consapevolezza del problema c'è”.
Chiede l'ex candidato alle primarie del PD di capire a fondo la natura di questi avvenimenti. “L'attacco ora è soprattutto diverso- dice, prendendo spunto da un sms arrivato in trasmissione-, ho una figlia con due anni meno del mio aggressore, e so che i licei non sono luogo di democrazia, anzi. Una taglia 60, un gay dichiarato, vengono massacrati. L'avversario politico ormai non c'è più, quelli che si picchiavano negli anni '70 ora sono a braccetto nei luoghi di potere. In questa violenza c'è disagio sociale, disoccupazione, il mio aggressore è di Primavalle e senza lavoro”
Richiamandosi alla testata del settimanale che dirige, The Week, “pensato, scritto e diretto da italiani nati dopo il 1970 e per loro, nota come il giorno in cui la pensione è passato dal metodo retributivo al metodo contributivo si è costruito il muro che alimenta la rabbia che si sta diffondendo nel nostro paese. E lì sono saltati tutti gli equilibri sociali, questa rabbia potrebbe diventare esplosiva”. E questa responsabilità Adinolfi non l'attribuisce tanto alla destra berlusconiana, quanto al suo Partito Democratico. “Io nel Pd ci milito, l'ho fondato, voglio rimanerci. Detto questo il problema del paese è proprio il Pd. L'afasia del berlusconismo e le sue difficoltà sono evidenti, ma l'alternativa è deprimente, e sono depressi gli elettori del Pd. Sono enormi le responsabilità del PD: i suoi vertici non vogliono vincere per problemi di governabilità, preferiscono un partito controllabile dai notabili, un partito medio al 20%, quando invece dovrebbero diventare partito di massa, come i democratici americani, i laburisti inglesi, i socialisti spagnoli. Ma per quegli 8-9 notabili non lo vogliono. Preferiscono l'opposizione in cui urlare contro il governo: sono vecchi dirigenti ex PCI senza più sogni e con la gestione del potere come unico obiettivo. Obama, Clinton, Zapatero, Blair: tutti queste “rivoluzioni” dopo le ere Bush, Aznar, Thatcher, sono arrivate con nuove classi dirigenti al potere. Ed avevano al massimo 45 anni. E noi abbiamo ancora un 60enne, il mio amico Bersani, contro il 75enne Berlusconi!”. La soluzione ha anche un nome, secondo Adinolfi. “Partiamo dai contenuti, dal riequilibrio generazionale della spesa pubblica, tutto poi verrà da se. Riequilibriamo la politica sulle esigenze di quelli nati dopo il '70. Permettiamo loro di emanciparsi dalla famiglia, di avere casa di proprietà, di aprire un'impresa, di non dover andare all'estero a insegnare perché qui i baroni non glielo permettono. Può fare questo chi è stato complice di questo squilibrio per decenni? Sono 28.150.000 gli italiani nati dopo il '70, la nostra età media è 43 anni. E molti di questi votano a destra, o si astengono. Io penso a Matteo Renzi. E' in assoluto il sindaco d'Italia più amato. Non credo sia casuale. Solo se sei scemo o vuoi ignorare questi segnali puoi non farci caso. Mettiamo un 36enne nell'agone e vediamo cosa succede. Sono convinto che cambierebbero parecchie cose”. L'ultima battuta, lapidaria, è per le stelle a cinque punte comparse sui muri contro Marchionne. “Archeologia, sono figlie della stessa violenza che mi ha colpito”.