PRIMA PAGINA - 18/11/2009

Che fine ha fatto John Doe?

DI BORIS SOLLAZZO

Se il fumetto in libreria trova spazio e lettori, in edicola continuiamo a soffrire di una crisi ormai ventennale, un declino lento e inesorabile. Dopo l’epoca Dylan Dog, insomma, oltre Tex e Topolino, di certezze ce ne son davvero poche. E così, con rabbia, abbiamo comprato un mese fa Fatti non fummo per viver come bruti…, l’ultimo albo di John Doe, il caso fumettistico degli ultimi anni, un antieroe bello, sporco e cattivo che veniva dalla testa e dalle mani di quella coppia di genialoidi un po’ incoscienti che sono Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli. Premi a pioggia, gradimento molto alto, tanti giovani disegnatori lanciati, l’impressione che quel “ragazzo terribile” avesse aperto uno squarcio nella cultura italiana, disegnata e non. Perché non è facile sviluppare un personaggio e una storia sulla Trapassati Inc, multinazionale che sovrintende alla contabilità della morte, su un’Apocalisse truffa che serve ai grandi capi per mascherare le loro mancanze manageriali, a un assassino opportunista, macho, egoista e senza dio che prima fa un figlio con la Morte, poi le frega il posto, accetta che il Fato- impersonato da un bambino intelligentissimo- venga letteralmente stuprato, e dal suo erede, frutto del suo peccato (mortale, ovvio), viene ucciso. E infine resuscita per uccidere Dio in persona- un vecchietto vendicativo, volubile e pessimamente vestito- e, naturalmente, aggiudicarsi il posto vacante dell’Onnipotente. Un fumetto pagano e feroce, spesso eccessivo e arrogante, geniale e a volte furbo, cinefilo e pop. Pieno di pregi e che si è preso rischi straordinari, non temendo cadute od errori. Doveva finire al n°99, finisce al 77. Con “tanta amarezza” per questo “sogno interrotto” (vedi lettera d’addio sull’albo). Troppo scomodo? Troppo poco remunerativo per quell’Eura editoriale che da sempre ci porta ottimi fumetti stranieri sulle pagine di Skorpio (che raccoglierà l’eredità di John Doe, a puntate) e Lanciostory? Fa male quel “Ciao John, ci vediamo presto…” all’ultima tavola, casuale e appropriato. E ci si chiede se il lettore non abbia diritti, ma solo un portafoglio. Bonelli, per esempio, non è certo un mecenate: ma al suo Manfredi in Magico Vento ha dato il tempo necessario per chiudere la storia, ad altri uno o più albi speciali per riprenderne le fila, di alcuni autori (vedi Demian, Volto Nascosto e ora l’ottimo Caravan, sempre più in crescita) ha accettato la sfida di una serie a termine. Qui si è rimasti orfani all’improvviso, dirottati su un prodotto valido, ma con l’impressione di essere numeri di un bilancio. Sogni di carta. Bollata, però.