PRIMA PAGINA - 06/11/2009

Storie di ordinaria follia - Professori ed avances

DA CRISTINA

Ciao Emilio,
ti ho scritto stamani durante la trasmissione. Sono Cristina, ascoltatrice semi silente, ma fedele!
Salendo in macchina ho acceso la radio con l'unico canale sintonizzato 106.600, secondo un gesto rituale che compio ogni giorno dal lunedì al venerdì.
E in silenzio, nel traffico, ti ascolto, mi risveglio.
Oggi il tema che hai affrontato mi ha colpito più del solito, senza nulla togliere agli altri. Ma quello di oggi io l'ho vissuto sulla pelle e ancora brucia.

Avevo 25 anni, mi sono laureata nel 2005 in Scienze della Comunicazione.
Subito dopo la laurea il prof con il quale avevo discusso la tesi mi chiese di proseguire gli studi. Mi disse che ero portata (e lo ero, purtroppo) per la ricerca e l'insegnamento. Mi disse che non poteva offrirmi molto, un periodo di assistentato (non retribuito) alla cattedra e poi mi avrebbe sponsorizzato per il dottorato. In questo paese se un prof barone non appoggia la tua candidatura quando fai l'esame (seppur pubblico e quindi formalmente democratico), non hai alcuna chance di vincere una tra le pochissime borse di studio disponibili.

Così iniziai. Sei mesi di esami e studio per preparare la tesina di presentazione al concorso.
Un giorno il prof, come già altre volte, mi chiede di raggiungerlo nel suo studio adiacente alla sua sfavillante abitazione in centro.
Io vado. Porto i libri studiati e tradotti e la tesina da fargli correggere.
Arrivo, il solito tè, le solite tele pregiate alle pareti, incastonate in boriose, barocche cornici dorate.
Antiquariato ovunque, ostentazione fastidiosa.
Ma accetto il cliché, la causa lo richiede.

Dopo due ore di studio io accendo una sigaretta. Convenevole di congedo, Chiusura informale della giornata, mentre faccio ordine tra le mie carte. E lui mi dice: "bene Cristina, mancano soltanto 2 mesi al concorso..." e io rispondo, "sì professore, sono molto in ansia ma ce la sto mettendo tutta" e lui dice, "si lo so, lo vedo. Andrà bene vedrai. ...Ora perché non ti siedi un po' sulle mie gambe". Io resto un momento interdetta. Come in una puntata di "ai confini della realtà, lo stesso senso di surrealismo".
Poi lui dice, "perché questa faccia? non dirmi che non te l'aspettavi" e mi ride in faccia.
Le gambe hanno inizato a tremarmi, un unico istinto : la fuga.
Ho risposto, "no, evidentemente non me l'aspettavo, ma ora devo andare".
Lui mi ha accompagnato alla porta, poi aprendola mi ha detto, " va tutto bene, ci vediamo domani per gli esami. Ci sono oltre 300 strudenti da esaminare domani, riposati".

Scappando fuori ho ripreso contatto con la realtà, scoppiando quella bolla di sapone così ambigua in perfetto stile David Lynch.
Ho preso il treno per tornare a casa. E sul treno ho chiamato colui che oggi è mio marito e che allora era il mio fidanzato. A Ravenna per lavoro.
E gli ho detto; " Mario, non farò più il dottorato...è successo questo" raccontandogli il fatto, sconvolgendolo.
E' stata dura Emilio. Ricomincare da capo, capire cosa volevo fare da grande, saper ritrovare una via da percorrere.

Il giorno dopo, era il 9 giugno del 2006, ci sarebbero stati gli esami. Nel compromesso tacito che aveva stabilito congedandomi, se io fossi andata avrei accettato virtualmente di sedermi sulle sue gambe. A 25 anni avevo dei sogni. Oggi li ho ancora perché quella mattina mi alzai, mi feci la doccia, mi vestiti. Poi, uscendo di casa, invece di svoltare a destra verso l'università, ho girato a sinistra verso il mare. Ho fatto il mio primo bagno della stagione 2006 e ho letto un buon libro prendendo il sole e accarezzando la mia dignità.

Non l'ho mai più visto da allora anche se il desiderio di vendetta ancora mi assale ogni tanto, quando vivo altre ingiustizie.
Per tutta la vita ti insegnano che esistono dei valori, che il bene va perseguito e il male combattuto. Che tutto è bianco o nero. Ma al primo grigio che incontri tutto il mondo di fronte al tuo stupore sembra attonito e perplesso. Come si può essere così ingenui? Mi è stato detto anche questo. E mi sono sempre chiesta: come si può essere così privi di morale?

oggi sono un addetto stampa di un'importante azienda. Il mio lavoro lo faccio bene. ma anche in questo mondo ti rendi conto di quanti compromessi ci siano. Tutti giocano sulla sfera sessuale o sensuale. Una ragazza grassa o poco esteticamente gradevole non avrebbe mai potuto ricoprire questo ruolo. E tutti reputano la cosa ovvia. Per me non è ovvia. Per me è meschina.

Oggi non sono più così ingenua, a causa (e non grazie, perché nella perdita dell'ingenuità non c'è proprio nulla di bello) di quel fatto. Oggi so tenere tutti al loro posto con poche parole. Oggi "mi batto per il latte"* insieme a Mario. Alla luce del sole. con 2400 euro in due al mese. Noi vivamo insieme, ci battiamo insieme. Lottiamo. Facciamo i conti, leggiamo libri, andiamo al cinema, ascoltiamo voi, facciamo viaggi con zaino in spalla e ostello per studenti. Paghiamo le tasse, le multe e le bollette.
Non ci sono tele pregiate appese alle pareti della nostra casa rigorosamente in affitto.
Ma dentro c'è onestà e amore.
A molti sembrerà retorico, ma sono i veri sentimenti che hanno definito il concetto, non viceversa. Mi dispiace per per chi si è lasciato abbattere da cinismo. Mi dispiace per chi, e mi rifersico alle mie colleghe donne, ha accettato compromessi simili, consentendo che un emerita testa di cazzo travestita da professore, si sentisse tanto giusto nei suoi gesti sbagliati da arrivare a ridere dell amia spontaneità.

Mi dispiace per loro.

Buona giornata.

Cristina


* : citazione da "Cinderella man" di Ron Howard