PRIMA PAGINA - 02/05/2008

Sexy per ridere

DA REPUBBLICA.IT

di Jonathan Ames

Fare gli stupidi, fingere di essere qualcun altro, cercare di strappare un sorriso. Il gene dell'ironia può rivelarsi geniale per far funzionare una coppia, dice Jonathan ames*. Come la capacità di ascoltare. crea complicità, è unisex. Ed è assolutamente gratis



Saper ridacchiare l'uno dell'altra. E viceversa. È più importante della sensualità, per l'equilibrio di una coppia. Lo credo soltanto, perché, per quello che mi riguarda, nella mia vita privata sono una persona molto diretta e probabilmente mi manca il filtro, il "gene" dell'ironia. Con la ragazza con cui sto attualmente condivido un problema: non ci piacciamo, voglio dire a noi stessi, non all'altra persona, che forse sarebbe peggio. La nostra è una relazione a distanza: lei vive a Los Angeles, io a New York. L'ultima volta che ci siamo visti mi ha proposto di dimenticarci completamente del nostro aspetto fisico e di pensare unicamente a divertirci. Non saprei dire se questa nuova strategia abbia a che fare con l'ironia di coppia, ma di certo funziona. Un altro modo per movimentare la nostra relazione è quello di vivere avventure insieme.

Avete presente Nick and Nora Charles, i protagonisti della serie di film americani degli anni Quaranta-Cinquanta ispirati a un romanzo di Dashiell Hammett? Be', noi fingiamo spesso di essere questi due personaggi quando andiamo a una festa o facciamo vita sociale. Ultimamente ci è capitato di farlo in un ristorante russo. Continuavamo a cambiare di posto dando l'idea agli altri commensali di essere due psicopatici: cercando ossessivamente la vista migliore sull'Oceano o fuggendo dall'aria condizionata troppo forte. Dopotutto il problema che ci tormenta è sempre lo stesso: come diavolo faccio io a piacerti? Ecco, facendo questo gioco, simulando di essere due persone differenti, riusciamo a esorcizzare questa paura di fondo che altrimenti ci paralizza e ci inibisce. Dimenticavo, la mia ragazza è una cantante piuttosto famosa, Fiona Apple. Durante uno dei suoi ultimi concerti, a Central Park, mi sono mescolato al pubblico e ho cercato di richiamare la sua attenzione con un verso che solo io so fare, una specie di richiamo amoroso animalesco che a lei piace molto. Ma Fiona dal palco non mi sentiva, così ho dovuto lanciarlo per ben quattro volte prima di essere individuato (oltre che da lei) dalla security, che mi ha preso di peso e allontanato. Una situazione paradossale... Il mio humour personale proviene unicamente dalla mia attitudine a prendermi in giro, o, se vogliamo, a non prendermi mai troppo sul serio e mi capita spesso di ridere di me stesso.

Questa predisposizione mi ha portato facilmente a "clowneggiare" anche con le donne, a cercare di strappare loro ogni tanto un sorriso, anche se per la maggior parte del tempo sono una persona tranquilla, che mantiene un basso profilo. Ho 43 anni e non sono mai stato sposato, né credo lo sarò mai. Allo stesso tempo detesto essere solo, farei di tutto per evitare questa condizione. Con Fiona viviamo momenti di grande regressione infantile. Un esempio concreto è la lotta con i cuscini, dove lei è incredibilmente forte.



Spesso balliamo a casa sua e il suo cane si mette sempre in mezzo. Di solito sono io a doverlo inseguire da una stanza all'altra. Anche questo fa parte del gioco. Sì, comincio davvero a pensare che "fare la commedia" aiuti nei rapporti. Fare gli stupidi può essere terapeutico per la coppia. Per me è una scoperta recente. Prima ero talmente preoccupato della felicità e della soddisfazione altrui che finivo per dimenticarmi delle mie esigenze, di ciò che mi rende felice in una relazione. Forse per questo mi riesce difficile dare dei suggerimenti. Spesso gli uomini, quando corteggiano una donna, fanno di tutto per impressionarla, ma è un errore.

La vecchia ricetta del "portala fuori a cena, comprale i fiori, aprile tutte le porte, spendi molto" ha buone probabilità di funzionare.
Poi, però, non bisogna strafare. In particolare è sbagliato parlare tutto il tempo, molto meglio ascoltare: crea complicità, è unisex e oltretutto è completamente gratis. Anche le donne commettono errori "tipici". Uno in particolare. Quello di volere tutto subito, mettendo sotto pressione la persona che stanno frequentando, riponendovi tutte le proprie aspettative e tempestandola di domande: "Perché non mi hai chiamato? Dove sei stato ieri sera?". La mia amica Eve si comporta spesso così. Non riesce a divertirsi e anzi va nel panico perché teme di trovare i difetti dell'ex marito in ogni persona nuova che incontra. Un altro errore madornale, che le mie amiche commettono, è fingere di non essere interessate ad avere una storia importante, che va bene anche un'avventura. E invece no. Vorrebbero una relazione stabile e immancabilmente rimangono ferite. Confondono l'ironia con la mancanza di serietà. Uno degli abbagli è pensare (e far credere) di poter essere e agire come gli uomini. Alcune ci riescono, ma la maggior parte di loro non riesce ad essere altrettanto leggera e disinteressata quando c'è di mezzo il sesso. Oltre a fare lo scrittore, sono un pugile dilettante. In genere sul ring non c'è spazio per l'umorismo. Nel round ogni secondo è maledettamente serio e la tensione è palpabile. Io però non sono un "arrabbiato": nonostante gli incitamenti, non vorrei mai fare del male al mio avversario, perché sento la boxe come uno sport, non come uno scontro. In uno dei pochi match che ho affrontato, il mio rivale non aveva buon equilibrio e mi si aggrappava addosso. Una situazione imbarazzante, che a me però non dava fastidio perché così il tempo sul ring passava più velocemente: l'arbitro interveniva per farci terminare questa specie di "danza" e io facevo orecchi da mercante: "Come? Che cosa dice?".



In questo modo ho guadagnato due o tre secondi... A un certo punto siamo caduti entrambi e io ho cercato di stare a terra il più possibile. È stato l'unico momento di autentico umorismo. Forse c'è un'analogia tra il pugilato e i rapporti amorosi. Quando vieni attaccato sai che non durerà per sempre: cerchi di proteggerti, se non altro per sopravvivere. E quando il combattimento è finito sei così contento che abbracci l'altra persona. In questi casi, lottare è un po' come amare.

*Jonathan Ames vive a New York, è editorialista del New York Press e scrive per McSweeney's, la prestigiosa rivista letteraria fondata da Dave Eggers. In Italia sono già usciti Io e Henry (Einaudi, 2002), Sveglia, Sir! (2006) e Veloce come la notte (2007), pubblicati da BCD editore