MUSICA - 05/03/2012

Lucio varca l’uscio: com’è profondo il mare?

DI CIRO

Grazie a Internet (in questo caso si fa per dire) apprendo da pochi minuti la notizia della scomparsa di Lucio Dalla. A noi “anta” (ma non solo) fa un certo effetto, per quel che lui ha rappresentato per la musica italiana (composizione, testi, arrangiamenti , direzione) ma anche nel cinema, in TV, nell’informazione, nell’impegno sociale… Sull’onda dell’emozione si dicono talvolta le più “vere verità” oppure si esercita la maldestra arte di tessere frasi di circostanza, soprattutto quando muore qualcuno molto noto e caro alla memoria… Ma parlando di emozione alla mente vien subito l’accostamento con un altro grande Lucio, Battisti, da cui lo divide uno solo giorno di vita (come il titolo della sua famosa sua canzone “5 marzo 1943”). Un aneddoto a proposito. Negli anni ottanta, incontrato per caso Battisti, Dalla gli propose di fare insieme uno spettacolo in giro per l’Italia che si sarebbe chiamato “I due Lucio”. Esclamava entusiasta che sarebbe stato un sicuro successo! E ci credo! Non c’è da stupirsi, lui meraviglioso animale da palco e gran intrattenitore musicale. Al Lucio reatino però l’idea non piacque, non se ne fece nulla, lui già – sue parole – musicalmente era già da un’altra parte (di lì a poco sarebbe nato il “periodo Panella”). Personalmente ho un ricordo meraviglioso dei suoi tre album scritti negli anni ’70 e che reputo i migliori: Com’è profondo il mare, Lucio Dalla, Dalla). Per esempio per me, amante della musica tonale e melodica, “Caruso” è una perla di canzone rara dal punto di vista creativo ed emozionale. Quante situazioni giovanili, scuola, amori trascorsi, legati a canzoni come Anna e Marco, Cosa sarà, L’ultima luna, Disperato erotico stomp, che all’epoca ci pareva così trasgressiva. 69 anni sono pochi e… sono tanti! Li avrebbe compiuti tra 4 giorni. Certo gli si può invidiare una poliedricità e longevità artistica uniche. Poi il tipo di morte, prototipo di fine per qualunque amante della musica: morire sul “campo di battaglia”, durante un tour. Morire a Montreaux, mitica città dai festival di musica jazz e non solo, comunque musica di alto livello e di qualità. Se n’è andato all’improvviso alimentando, come in questi casi, l’aurea di mito che la sua lunga carriera di successo già gli aveva conferito. Lucio era davvero un iperattivo musicale: solo 3 settimane prima aveva partecipato a Sanremo dirigendo una canzone da lui scritta. Forse questa il motivo dello scoppio di cuore.

Ora - assecondando la metafora di una sua celebre canzone - può scoprire quanto è profondo il mare, il suo mare. Per noi il momento è solo rinviato. Non voglio essere lugubre, ma è inevitabile scontrarsi con la morte in casi come questi. Perché la morte è sempre un furto, quasi un’ingiustizia, sapere che non si può tornare indietro e godere della presenza della persona cara. Meno male, come per Battisti, possiamo beneficiare di molti mezzi multimediali per farlo continuare a vivere nella memoria, perchè i grandi personaggi, in particolare i musicisti, hanno il vantaggio di potere più facilmente sopravvivere all’inesorabile tempo attraverso una più duratura memoria. Poi forse è un’illusione. I non credenti si appoggiano al mito dell’immortalità dei grandi artisti nelle opere che essi stessi hanno creato. Per gli “altri” è solo un arrivederci. Non vedo l’ora – per carità senza fretta! – di trovarmi dall’altra parte, in cielo, e canticchiare con Battisti la “Canzone del sole” e chiedere all’altro Lucio se poi trova davvero profondo il mare, se: “E’ inutile / non c’è più lavoro, non c’è più decoro / Dio o chi per lui sta tentando di dividerci / di farci annegare / com’è profondo il mare” … Sì, chi per lui… ciRo.