MUSICA - 15/11/2010

Cos’è la musica: introduzione di Angelo BRANDUARDI.

DA CIRO

Comincerei con un discorso vasto quanto l’oceano e cioè che cos’è la musica. Perchè è stata la prima forma d’arte. E perchè, come afferma il mio amico Ennio Morricone, essendo la forma d’arte più astratta è la più vicina a Dio. C’è di più: nella storie della creazione dell’uomo la musica ha un ruolo fondamentale. Anche nel cristianesimo, pensiamo all’incipit del Vangelo di Giovanni “In principio era il Verbo, e il Verbo era Dio, e il Verbo era presso Dio” dove per “verbo” dalla traduzione dall’aramaico non s’intende affatto “parola” ma “suono”. Nelle cosmogonie, cioè nei racconti della fondazione del mondo, spesso la storia comincia con un suono profondo emesso dal nulla cosmico, che è una specie di una grande caverna, un gigantesco utero, dove questo suono si crea lentamente ma irreversibilmente. Assomiglia tanto al suono prodotto dai tibetani, dai monaci buddisti: “Pooooommmmhhhh!!!” Sentite all’interno come vibra? (Branduardi mima con le mani sullo stomaco un vocalizzo a bocca chiusa) In questo tipo di storie il suono originario vibra e lo stesso vibrando s’allontana dalla sua matrice e forma degli esseri viventi costituiti soltanto di luce e suono. E’ un mondo che canta. C’è un suono creatore che genera altri suoni. Il suono del Creatore “sposta” il Creatore stesso che quindi s’affatica. In altri termini, gli esseri di luce e suono cantano con Lui, con il creato, e si genera così un canto incrociato. Questo fa sì che il Creatore genera con fatica nuovi suoni ma i suoni nuovi cantano per Lui e gli ridanno l’energia. Questo assomiglia molto al concetto di armonia di San Francesco d’Assisi e del canto incrociato tra le creature e il Creatore, un canto circolare, perfetto. Quando manca qualcosa s’interrompe e tutto finisce. Il passo successivo fa sì che si considera il suono la matrice essenziale del mondo. La parola viene dopo. Perché gli esseri vengono creati materialmente quando ad essi viene dato un nome. Quindi già questo stabilisce che la parola viene dopo la musica. Quando alle creature viene dato un nome esse non sono altro che una pallida rassomiglianza di quello che erano, perché diventano esseri materiali, cioè esseri privi di luce e, quasi, privi del “suono originario”. Così, in forma divulgativa, nascono queste cosmogonie per spiegare l’origine del mondo. La prima forma di sacrificio viene chiamata non a caso incantesimo, da canto, perché le creature cantano al Creatore per rinforzarlo, per ridargli l’energia. Quando tutto finisce, e il suono originale si è esaurito, e i suoni derivati sono diventati cose materiali, il mondo perde il suo splendore, perde il suono. Questo è alla base di tante eresie del periodo paleocristiano come il Dualismo e l’eresia dei catari, che ritenevano ci fossero due livelli di realtà: uno brutto, materiale e un altro, invece, che rimaneva tale com’è, cioè quello del suoni, dello spirito. Il Dualismo e il Catarismo furono combattuti fino alla loro decisiva estirpazione. Quindi si può dire che il mondo è stato creato con la musica, o comunque, questo pensavano i nostri progenitori. Non solo, ma si ritiene che le cose che vivono e che ormai sono diventate opache comunque conservino qualcosa della luce e del suono originari. Ecco quindi che nasce la prima forma di musicista, cioè lo sciamano, lo stregone, che vive in una grotta (ricorda la grotta essenziale, la grotta primitiva). Parla, canta, stabilisce con il canto un rapporto con il suo creatore. Non solo: è curioso il fatto che lo sciamano si ciba di qualsiasi cosa c’ è in giro per il mondo (rettili, scorpioni, animali vari, piante, vegetali, qualsiasi cosa) ma non per fame: ma per immagazzinare dentro più cose possibili. Così facendo immagazzina, in realtà, più suoni possibili, perché in ognuna di queste cose si reputa che si conservi una parte del suono originario che ha creato il mondo. Quindi il primo musicista è uno sciamano, uno stregone, un prete, come volete chiamarlo. Quindi la musica nasce assolutamente legata alla religione, non lo dico io, ma lo dicono i più grandi musicologi. Tra questi il più grande di tutti in Italia nel dopoguerra, che ho conosciuto e avuto l’onore di dividere un’amicizia, è il compianto Diego Carpitella, che ha scritto la più bella relazione sulla musica sarda, che è un tipo di musica molto vicina a quanto stiamo dicendo. Quindi il primo musicista è un uomo santo. Già si delinea la differenza tra musica alta e musica bassa, cioè tra musica colta e musica popolare. Se lo sciamano parla al cielo, corrispondentemente c’è il mago che parla agli inferi. Per cui se dello sciamano si ha rispetto, del mago molto meno, anche se serve molto di più perché è lui che esercita gli esorcismi, che aiuta, che toglie il malocchio e quant’altro potete immaginare.
E quindi adesso arriviamo alla definizione della musica: la musica è una visione, come si credeva migliaia di anni fa. E’ vedere qualcosa che non c’è. E’ cantare a qualcosa che non c’è - o meglio – che c’è ma non si vede o non si sa chi sia. Ed è strettamente collegata alla spiritualità. La musica è estranea al luogo e al momento. Non è qui ed ora, ma è da un’altra parte, in un altro momento. E’ uno sguardo gettato oltre la porta chiusa, oltre il muro. Ha insito in sé il senso dell’Oltre (con la “o” maiuscola) e quindi la musica – senza usare paroloni – trascende la realtà, è trascendentale. Ed ecco perché, come dice il mio amico Ennio Morricone, la musica è l’arte più astratta perchè la più vicina a Dio. E’ una visione chi mi trova assolutamente d’accordo. Una visione molto bella, molto ricca spiritualmente. Questa chiacchierata è soltanto un volo pindarico nel descrivere questa sorta di creazione, questa musica “divina”, in un certo senso. Io – passando alla mia modesta persona- non ho mai pensato di cantare la cronaca, perché la musica non canta ciò che è ma ciò che si vorrebbe che fosse, e quindi è un desiderio, un ideale. Ma contemporaneamente c’è un altro fatto: quando il musicista suona, non suona solo con lo spirito, con l’anima, ma anche con il corpo, lo sanno bene gli africani. La musica muove: il ritmo, il corpo si muove, l’adrenalina sale, il cuore batte più violento dentro. Quindi abbiamo da una parte lo spirito, l’anima, dall’altra il corpo, per centinaia di anni considerati uno l’opposto dell’altro. La musica li rimette assieme! Per questo la musica non è una cosa o il suo contrario, ma “è la cosa e il suo contrario!” E’ l’unica attività umana che io conosca che riesca a mettere insieme il diavolo e l’acqua santa! I musicisti sono ovviamente dei picchiatelli: c’è il famoso “effetto soglia”, come è chiamato in psichiatria, perché aprono una porta (come ho detto prima) e vedono oltre. Quando sono “di là” hanno gran difficoltà a tornare “di qua”. Molti ci riescono ed hanno una vita normale. Altri no ed hanno una vita patologica, psicopatica, che include l’uso di sostanze di ogni tipo, che appunto servono per non farli tornare “di qua” perché è molto più brutto. Ma è solo un’apparenza. La musica comunque quando nasce è completamente libera, non rispetta nessuna regola, e segue costantemente la vita dell’uomo. Non c’è momento che socialmente non sia sottolineato dalla musica. La musica c’è per vivere, c’è per nascere, per morire, c’è per sposarsi, per raccogliere, segue passo passo la vita dell’uomo. La crisi della musica occidentale – non me la sono inventata io – anzi ha una data più o meno precisa che coincide con l’accordo del Tristano all’inizio del Preludio (Branduardi accenna al motivo). Questo è un accordo che secondo l’armonia tradizionale non è codificabile. Da quel momento in poi ci sarà un proliferare di elementi di orchestra, molti musicisti epigoni di Wagner (il post-romanticismo) han fatto anche dei capolavori, ma la musica non avrà più la freschezza di prima. Ed è per questo che si dice che tutto è già stato scritto. Ci sono stati molti tentativi di andare oltre, per lo più finiti male. Il più importante è quello di Arnold Schonberg e la sua “dodecafonia”, cioè una musica “seriale”, priva di ispirazione, numerica. Ha impegnato tutta la sua vita per spiegare cosa fosse la sua invenzione, salvo confidare a un amico, scrivendogli due giorni prima della morte: “Quanta bella musica c’è ancora da scrivere in do maggiore!”. Perché è stato il do maggiore la più grande scoperta della musica europea. Le musiche extraeuropee procedono tutte per linee orizzontali, parallele, non sono mai verticali, mentre nella tradizione europea la grande invenzione è la musica verticale, l’accordo, l’armonia (Branduardi accenna a un motivo canticchiando e scandendo il tempo con il braccio). Possiamo dire, buttandola là, che la musica occidentale ha avuto il suo massimo sviluppo in questo. Morta questa, la musica è diventata una gabbia d’oro, ma pur sempre di gabbia trattasi. In molti dicevano: “Ho tentato di fare altre cose”. Molti musicisti colti e anche popolari – come me – hanno provato ad andare indietro, cioè a vedere cosa succedeva prima di questa grande invenzione. La mia produzione è piena di musica modale, cioè non armonica, ma, e qui mi fermo, c’è una cosa essenziale che secondo me non risolverà mai il problema della musica, e cioè: un africano non andrebbe mai ad ascoltare la “Messa da requiem” di Mozart alla Scala se non c’è veramente un morto! Questa è la mia conclusione, che non è certo felice, ma è assolutamente veritiera. …(segue altro)… La storia della musica è in realtà la storia dell’uomo, l’unica vera storia dell’uomo. Ho finito.