MUSICA - 10/07/2007

Rolling Stones a Roma!

DI FRANCESCO DONADIO

I Rolling Stones a Roma dimostrano di non essere ancora "troppo vecchi per il rock'n'roll"


Compito difficile: cosa scrivere infatti dello show di venerdì scorso di Mick Jagger e della sua ultrasessantenne banda che non sia già stato detto dai vari LuzzattiFegiz e GiniCastaldi (per citarne due che si degnano di uscire di casa solo se si tratta di occasioni da 50 euro in su) sui maggiori quotidiani nazionali? Mi limiterò pertanto a pochissime, disordinate considerazioni:

1) Mi ci sono recato scettico, ma ebbene sì: i Rolling Stones VANNO (ancora) assolutamente VISTI: dal vivo sono infatti, erano e saranno una signora band, e ciò che più conta, danno (ancora) l’impressione – nonostante gli anni, l’usura eccetera eccetera – di essere una band VERA, che il rock and roll lo suona ancora, godendo da matti a farlo, come pochi al mondo.

2) Hanno suonato di fronte a 35.000 spettatori (niente sold-out e parecchi spazi vuoti: ma che razza di Paese siamo?), e in uno stadio, ma per il MODO in cui hanno suonato – cercate di capire cosa intendo – potevano benissimo trovarsi al Beacon Theatre di New York, al Marquee di Londra o finanche al Circolo degli Artisti di Roma.

3) Il bello (ovvero la cosa inaspettata) è che tra gli Stones del 2007 all’Olimpico di Roma e quelli che suonarono nel 1982 al Comunale di Torino e a Napoli non c’è poi una grande differenza. Manca Bill Wyman - d’accordo – ma Ron Wood, Charlie Watts e (soprattutto) Mick Jagger non sono cambiati molto, né fisicamente né come qualità dello stage-act. L’unico che mostra evidenti segni di decadenza è quel vecchio Pirata dei Caraibi di Keith Richards, ormai instabile sulle gambe e incartapecorito oltre ogni decenza, ma se guardi gli altri ti danno l’idea che su un palco ci potranno stare anche fino a 100 anni. E’ possibile che la mia lontananza dal palco (ero in Monte Mario, e ne potevo scrutare i volti solo grazie al megaschermo) pesi sul giudizio, ma la verità è che i Rolling Stones in fondo sono come i Simpson, iconici e immutabili. Gli Stones o sono così – con Mick che salta e ancheggia, Keith che fuma le sue sigarette tra un “lick” di chitarra e un altro, Ron che duetta con fratello Keith e Charlie che sembra guardarti ironicamente di sbieco mentre pesta i tamburi – o non sono affatto.

4) La setlist: scontata l’apertura con “Start Me Up” – comunque sempre una bella botta, quando Jagger si materializza sul palco assatanato come un Pippo Inzaghi a secco di gol, affiancato da tutti gli altri Stones seguiti dal nuovo bassista Darryl Jones, dal chitarrista aggiunto Blondie Chaplin, dai coristi Lisa Fischer e Bernard Fowler, dal mitico sassofonista Bobby Keys, dalla sezione fiati dei New West Horns e da altri comprimari – ma FANTASTICA tutta la prima parte del concerto, in cui hanno attinto da quella porzione del repertorio fatta di vibrante e sporco rock and roll senza concessione alcuna al clima da megastadio: “You Got Me Rocking” (da “Voodoo Lounge”, 1994), “Rough Justice” (unico estratto dall’ultimo “A Bigger Bang”, 2005), “Rocks Off” (da “Exile On Main Street”, 1972) e “She’s So Cold” (da “Emotional Rescue", 1980). La prima concessione “facile” alla massa a quel punto genuflessa arriva con la melodica “Ruby Tuesday” (1966): molto apprezzata, ma in quel momento assolutamente fuori tono. E comunque, “Ruby Tuesday” ha fatto capire che “questi” Stones si trovano a meraviglia con i loro pezzi dagli anni ’70 in su, ma lasciano a desiderare con quelli dei ’60: quando li fanno ti danno l’impressione di essere capitato nel posto sbagliato, una festa di piazza tipo “Voglia matta di anni ‘60” o il Bandiera Gialla di Rimini…
La parte più bella del concerto, in cui gli Stones raggiungono livelli stratosferici, è quella centrale, quella in cui eseguono prima “Can’t You Hear Me Knocking” da “Sticky Fingers” (1971) in una versione diluita e impreziosita dalle improvvisazioni del grande Bobby Keys al sax e di Ron Wood alla solista, e quindi l’omaggio a James Brown “I’ll Go Crazy” in cui Jagger – che a Brown dal punto di vista della tenuta scenica deve tutto, anche se a mio parere l’allievo poi superò il maestro – duetta con la possente corista Lisa Fischer (e alla fine le rifila anche una lasciva pacca sul sedere: grande Mick...). Poi ancora “Tumbling Dice” (ancora da “Exile…”), seguita da un primo “pit stop” per ricaricare le pile in cui Jagger introduce la carovana. L’ovazione maggiore è come previsto riservata a Keith Richards: fino a quel punto un po’ defilato, Richards sfrutta il suo “solo spot" cantando i suoi cavalli di battaglia “You Got The Silver” (da “Let It Bleed”, 1969) e “Happy” (da “Exile..."). E’ un bel momento, molto applaudito se non altro per stima sempiterna, e da quel momento il vecchio leone riprenderà vita e sarà protagonista dello show (quasi) quanto Jagger. Purtroppo da quel punto in poi lo show prende un’altra piega, con gli Stones che uno dopo l’altro si lanciano in quei brani che DEVONO eseguire, quelli che la maggior parte degli spettatori che hanno pagato fino a 170 euro sono venuti ad ascoltare. E quindi di seguito – con la spettacolare trovata del b-stage, un micropalco sul lato opposto dello stadio verso cui la band è trasportata con un ingegnoso sistema di carrucole – arrivano “Miss You”, “It’s Only Rock And Roll”, “Satisfaction” – tutte così e così - e una decorosa “Honky Tonk Women” che li riporta al main stage. C’è spazio ancora per una strepitosa “Sympathy For The Devil” con lo scenario in tinta rosso-diabolica e Jagger in versione satanica con il mantello, per una “Paint It Black” un po’ demodé, e per una “Jumpin’ Jack Flash” oltremodo massificata che pare non finire mai. Richiamati a furor di popolo per i bis, gli Stones tornano e ne fanno solo uno, una altrettanto prescindibile “Brown Sugar”. Poi, come di prammatica, abbracciati e sudati al centro del palco, Mick, Keef, Ron e Charlie ci salutano (ci dicono addio?) e una gigantesca linguaccia sullo schermo segnala la fine di tutto.

5) Voto finale: 9 per la prima fetta di concerto di “pure, unadulterated rock and roll”, un 6 stiracchiato per la seconda parte troppo nazionalpopolare. Anche se poi il giorno dopo, sui forum dei fan sfegatati degli Stones (gente per intenderci che li ha visti dal vivo dalle trenta volte in su) sono emersi commenti assai critici sul concerto di Roma, reputato breve (un paio d’ore in tutto), svogliato e non granché dal punto di vista della scaletta. Possibile – anzi, probabile - che non si sia trattato di una delle migliori serate degli Stones dell’epoca moderna. Ma anche così – credetemi, non ve lo dice un nostalgico né un fanatico stonesiano: anzi... – è stato uno dei più efficaci, vibranti concerti degli ultimi anni. Perchè gli Stones – ripeto nel vano tentativo di convincere i miscredenti - VANNO assolutamente VISTI.

Scaletta:
Start Me Up
You Got Me Rocking
Rough Justice
Rocks Off
She's So Cold
Ruby Tuesday
Can't You Hear Me Knocking
I'll Go Crazy
Tumbling Dice
You Got The Silver (Keith)
Happy (Keith)
Miss You (to B-stage)
It's Only Rock'n Roll (B-stage)
Satisfaction (B-stage)
Honky Tonk Women (to main stage)
Sympathy For The Devil
Paint It Black
Jumping Jack Flash
Brown Sugar (encore)


Francesco Donadio
www.xtm.it