LIBRI - 11/01/2010

“Il bambino con il pigiama a righe” di J. Boyne: una non-recensione.

DI CIRO

Tra le tante cose sbagliate che si posson fare una è recensire, commentare un romanzo. Infatti non lo farò! Perché? Perché per “capire” una torta non serve sapere quanto zucchero e uova ho impiegato, come l’ho preparata nel tegame o il tempo di cottura: la cosa più giusta è prendere una fetta e mangiarla! Allora? Bhè, solo due videate di pc in word per far venire – appunto – l’appettito e leggere “Il bambino con il pigiama a righe” di John Boyne, irlandese, classe ’71, libro uscito nel 2006 . Leggerlo vuol dire sentirsi speranzosamente migliori! Un piccolo (di filato si legge in meno di 2 ore) grande racconto. Mi ci sono accostato in modo del tutto casuale. Ma esiste il caso? Mio figlio Samuel, 3^ media, mi incarica di comprare un libro per la scuola. Visto che le energie e il tempo diminuiscono con l’andar del tempo, constatando la piccola mole del volume, incuriosito, inizio a leggerlo la sera a letto, alla luce di una lampadina. Ero scettico. Uno pensa: “il solito facile libro per ragazzi a scopo didattico…” L’inizio non proprio avvincente dal punto di vista narrativo sembrava confermare. Poi i protagonisti: due bimbi di 9 anni! Ma ho continuato, per misteriosa attrazione, immaginando uno dei due col viso di mio figlio Giorgio, che appunto ha la stessa età. Ovviamente non dico altro, ma il finale è davvero un crescendo rossiniano e un colpo di scena alla Hitchcock: si presterebbe perfettamente alla sceneggiatura di un film. Per eventi che sarebbe lungo discorrere, è dall’età di circa 7 anni che non “produco” lacrime. Alla fine della lettura confesso però che mi assale il classico “groppo in gola”, quella sensazione agrodolce di vuoto e secchezza che prende alla zona laringea. Stava lì lì per accadere il “miracolo”: perchè liberare le proprie emozioni di gioia e di dolore è salutare dal punto di vista spirituale e fisico (psicosomatica insegna). Al caro Boris, che non disdegna qualche sana lacrimuccia, non spiacerebbe leggerlo (forse entrambi lo conoscete già). Ma non è una storia triste! E’ la tenerezza, la verità illuminante che scaturisce da parole e gesta di bambini – apparentemente di scarso valore per gli adulti - che invece “parlano” ai “grandi”, meglio di tanti trattati psicosociologici.



Quindi preso da raptus (sonicchio da autodidatta la tastiera modalità piano) posato il libro, 8 gennaio ore 00:30, rannicchiato nel letto, mi martella una melodia triste in tonalità Do diesis minore (la stessa di “Al chiaro di luna” di Beethoven). Mi alzo-cuffia-accendo la Roland-vado a comporre- inserisco nella memoria interna (C.R.P. e nulla a pretendere). Poi lo stesso giorno (cioè alcune ore dopo) il DJ preferito di Radio Rock, nella solita fascia mattutina, imposta (anche grazie alle richieste) la programmazione sulla magia di brani col pianoforte. Il piano è l’unico strumento in cui si fonde armonia e melodia e il piacere sonoro è esattamente l’insieme della cascata delle note. Io gli mando un “grazie!” formato SMS. Ma ditemi: esiste il caso? Il pianoforte, il concetto Pappagalliano (bello eh?!) e un po’ mio della melodia (il susseguirsi delle note, l’assolo, il mio io) e dell’arrangiamento come un vestito (l’armonia, l’insieme simultaneo di note, il prossimo), le “cose tristi” al cinema e nelle canzoni (genialmente “spezzate” in trasmissione dalla verve comica di un altro DJ molto “battutifero”) sono un caso? L’8-1-2010 ho ascoltato una grande puntata di musica, di radio-intrattenimento, di intelligenza, di non-convenzionalità. Poi sfido chiunque a programmare a quell’ora, a Radio Rock, con una ascolto per fascia d’età tendente al giovane (ti piace?) certa musica tendente (bis) al melanconico. Finisco la sviolinata dicendo che ho conosciuto RR circa 3 anni fa per mezzo di un’amica, che poi per scelta ideologica (che parolaccia!), non condividendo quasi tutto di quanto opina il Buon Emilio, ha staccato la spina. Ma che ce frega de pensalla allo stesso modo! Addirittura nun serve! Meglio dell’omologo il diverso (C.R.P.) che nutre e arricchisce come la nutella. Ma anch’io, intuendo qualcosa della persona, per quanto dice di sé il B.E., credo di avere pensiero e vita distinti da Egli-Lui! Ma l’episodio appena raccontato dimostra anche quanta empatia, quante “affinità elettive”, quanta attrazione! (C.R.P. fatti salvo i convenzionali gusti eterosessuali). Probabilmente sarà anche per il fratello che non ho avuto e storie del passato, ma credo poco all’amicizia tra un uomo e una donna. Leggete il romanzo, ascoltate RR e buona musica (quasi tutta quella programmata dal B.E.) Emì avanti così (che fa pure rima).



CIRO-F.A. (fedele ascoltatore).