LIBRI - 02/05/2008

"L'illusione del bene" di C. Comencini

DI SAMANTA SORRENTINO

Io nella musica e nella letteratura sono maschilista, nel senso che leggo quasi solo maschi. Quasi. Talvolta faccio delle eccezioni, e stavolta l'ho fatta. Un regalo di un maschio, un libro scritto da una donna...per tutti.
Cristina Comencini, L'illusione del bene.
Figlia di cotanto padre (tanto per citarne solo alcuni i vari pane,amore e.., l'indimenticato Lo scopone scientifico), ella stessa regista, sceneggiatrice, scrittrice.
A mia discolpa, non avevo amato per niente La bestia nel cuore, romanzo da cui era stato tratto l'omonimo film (nomination all'oscar 2005 come miglior film straniero), con la "madrecoraggio" Mezzogiorno, e il bel (checchè se ne dica) Luigi Lo Cascio. Proprio per niente.
Mi sono piegata a questo libro però, mal disposta in verità e invece, tuttosommato, non ho avuto problemi per i piegamenti e anzi ne son rimasta favorevolmente colpita...ma niente colpo della strega.
Il protagonista della storia è il 50enne Mario, uno sfascio su tutti i fronti.
Uno sfascio amoroso, la sua vita matrimoniale, di famiglia allargata (cresce insieme alla moglie i figli di lei e il loro), un bel giorno finisce, per colpa di un'accetta di shininghiana memoria, e per non sa che altro.
Uno sfascio lavorativo. Da giornalista televisivo viene "esiliato" in radio, senza riuscire a far altro che ammazzare il tempo leggendo.
Uno sfascio di idee, di quelle che avevano creato un ideale e un'ideologia, scusate il gioco di parole.
Di quegli ideali che negli anni '70 dividevano i bruti da quelli gentili, i buoni da quelli cattivi. Di quelli che l'abito non fa il monaco ma se porti la barba coi capelli lunghi allora so chi sei, perché sei diverso da quelli rasati testa e mento.
Rossi e neri, e giù botte da orbi, e attenti che ci scappa il morto..e mica solo uno!
Quella gioventù vissuta così, fino al 1989, fino alla caduta del Muro e alla nascita del figlio.
Da qui è tutto un crollo, un cercare di “costruire su macerie e mantenersi vivo”, ma Mario non riesce a trovare la formula giusta. Nel giro di qualche anno perderà tutto, continuando a chiedersi perché? e cercando soprattutto di fare i conti con qualcosa che sembrava bello, che ci univa tutti..ma che è cresciuta nella miseria e nella costrizione imposta dai pochi a molti. Come sempre.
Tutto così, un lasciarsi vivere, con qualche spazio di lucidità e di affettività (quella dei figli), fino all'incontro casuale con una pianista per caso, Sonja, venuta dalla Russia a vivere in Italia, con la sua bambina, figlia di un amore italiano andato a male, e con una nonna..direi altera, all'apparenza.
Di matrioska in matrioska, Mario ricostruisce attraverso Sonja, la storia di un paese e quella di un popolo. Riscopre un'idea politica, che ci voleva uniti e uguali, per dirla solo in due parole, due.
Un'idea, quantomeno mal gestita, questo i fatti hanno dimostrato, ma sono in pochi a farci i conti, perché se li fai rischi di essere tacciato come uno sporco fascista, mica come uno che pensa? Mica uno che tutto pensava gli avrebbero detto nella vita, ma fascista proprio no e che anzi fino a poco tempo prima non era altro che uno sporco comunista?
Direi un libro elettorale o, almeno secondo me, un libro che casca a fagiuolo prima di questa metà d'aprile, per fare, prima di mettere una croce sulla scheda se lo si farà, un esame con la coscienza di un’idea politica, se ancora esiste.
Un bene comune di cui ci si era illusi, o forse no.
A me è piaciuto molto.