CINEMA - 6/30/2010

Sia fatta la mia volontà, il funerale (in)civile all'italiana

DI BORIS SOLLAZZO


Tre giovani donne e una nonna (in realtà una volontaria del Tribunale del Malato) alla scoperta del funerale civile. Un desiderio di quest'ultima, di affrontare la morte coerentemente a come ha vissuto, laicamente, diventa un giro d'Italia alla ricerca di un'istituzione fantasma. L'Italia, lo sappiamo, è un paese incivile, e ama vessare i suoi cittadini, soprattutto quelli meno conformi(sti), anche quando sono orizzontali. Ecco, Sia fatta la mia volontà, circa 80 minuti di inchiesta-documentario di Paola Bordi, Elisa Capo e Ottavio Leoni (registe e protagoniste, l'idea nasce dalla Leoni e da Emanuele Di Giacomo) scardina il silenzio su una delle violenze più subdole, fastidiose e misconosciute del nostro paese. Se siete tra coloro che vorreste un altro funerale oltre a quello del vostro caro estinto mentre un prete sconosciuto discetta del morto con arrogante e paternalista fondamentalismo- e crediamo che Ascanio Celestini, uno degli intervistati, ci sia andato vicino-, se al momento dell'addio vorreste un rito simile a quello anglosassone, tra bevute, chiacchierate e risate, se semplicemente non volete andarvene sotto un simbolo religioso e salutato da parole di cui non riconoscete il valore, questo è un film necessario.

Ma la verità è che questa docufiction, affrontanta con rigore e dolcezza, serve a tutti. Perchè dà voce a molte persone, perchè ci mostra le contraddizioni di una nazione schiacciata dalla meschinità della faziosità, persino sulle riflessioni più alte e fondamentali, quelle sulla vita e sulla morte. A dircelo, tra i tanti bellissimi interventi del film, è un intellettuale diverso e possibile, e di sicuro imprevedibile (anche in un film come questo). Alessandro Bergonozoni è la chiave intellettuale, filosofica, culturale di Sia fatta la mia volontà: “si deve pensare più largo” dice, ricordando Welby (a cui il funerale religioso fu negato) ma anche il piacentino Steccato, che lotta per vivere chiedendo allo stato di aiutare a farlo (già, in Italia, chiedetelo agli ammalati di SLA ieri protagonisti di un concerto organizzato da Franco Battiato ed Erminia Manfredi, lo stato lotta per impedire alle persone di scegliere di morire come vogliono, ma non gli offre mai scelte di vita sostenibili). “E' una questione complessa, e tutto va rispettato, è il monoteismo che ci sta uccidendo: credere in una sola medicina, in un solo dio, in una sola verità”. Difficile farlo capire in un paese che tra patti e concordati vari ha più volte cercato di avere una religione di stato e che è condizionato costantemente dalla fortissima influenza politica e sociale della Chiesa.

Bordi, Capo e Leoni hanno il coraggio di partire da una questione solo apparentemente pratica, il funerale, per parlare di tutti i trattamenti di fine vita: dall'accanimento terapeutico al testamento biologico, in una parola la libertà di scelta. E in Italia non esiste: per un funerale civile degno e dignitoso (e non che con il matrimonio civile vada meglio, ma è un'altra storia) Treviso e, soprattutto, Torino sono solo belle eccezioni (e Reggio Emilia, chi scrive lo dice per aver partecipato a un rito d'addio di un amico partigiano). Accettare qualcosa di diverso, i teocon italiani non sono capaci di farlo: nel nostro paese c'è la concezione talebana per cui la libertà è un attacco alla fede. Abortire, fare sesso protetto, vivere e morire secondo la propria coscienza, sono scelte, non obblighi. E impedire una scelta, si parli di un funerale laico, di Eluana Englaro o del rispetto del corpo della donna, è la forma di dittatura morale e ideologica più insopportabile. Com'era intuibile, l'argomento provoca riflessioni forti e così, si finisce per dimenticare una cosa fondamentale: Sia fatta la mia volontà, già presentato in anteprima a Torino e a La Sapienza, è anche un gran bel lavoro. Accarezzato da una leggerezza pensante e mai pesante, montato in maniera diligente e ben recitato. E a questo punto, grazie a queste tre ragazze, approfitto del mio mestiere perchè rimanga stampato sul giornale il mio testamento biologico: non voglio alcun accanimento terapeutico, lasciatemi (riposare) in pace quando sarà il momento.

da "liberazione"