CINEMA - 22/11/2006

"The departed" di M. Scorsese

DI FABIO PUCCI

Boston, qualche anno fa. La voce off del grande Jack ci racconta come il suo personaggio non è un prodotto dell'ambiente in cui vive ma l'esatto contrario.
E, sulle note di gimme shelter degli Stones, ecco che assistiamo alla splendida (in ombra e di profilo) entrata in scena di Nicholson. Con un inizio magistrale parte il nuovo lavoro di Scorsese, tesissimo gangster movie interpretato da un ormai maturo Di Caprio e un sempre bravo Damon.
Dopo l'incerto "aviator", Marty torna alle tematiche a lui più care e realizza una grande opera tragica, violenta, estrema e passionale. Del resto, il suo è sempre stato un cinema "vivo", fatto di carne e sangue.
E basterebbe anche solo la parte inziale (i primi 15 minuti sono assolutamente stupefacenti per regia e montaggio) a rendere "importante" questo "departed" nella filmografia dell'autore.
Certo, sappiamo che si tratta di un remake. Eppure, nonostante sia "ispirato" (l'autore preferisce questo termine) alla saga di "infernal affair" (una trilogia orientale di qualche anno fa) e nonostante segua abbastanza fedelmente la sceneggiatura originale, Scorsese riesce
ad imprimere alla storia un tocco così personale (e solo i grandi possono) da rendere non solo il film migliore nel prototipo ma anche unico e prezioso.
Non siamo quindi di fronte al manierisimo di un regista che di capolavori alla storia del cinema ne ha regalati a sufficienza, bensì di fronte ad un nuovo avvicente capolavoro di quello che si conferma così il più grande regista americano vivente. Ed era ora che dirigesse l'immenso Nicholson (il suo boss Jack Costello è da applausi!). Vista l'ottima accoglienza di critica e pubblico negli States, ci sono buone possibilità che questa volta il nostro Marty riesca a portarsi a casa l'ambita statuetta.