CINEMA - 2/1/2008

"Scusa ma ti chiamo amore" di F. Moccia

DI BORIS SOLLAZZO

Abbiamo una buona notizia e una cattiva. La buona: forse ci siamo liberati di Babi e Step. Pariolini e teppisti non avranno più i loro eroi né i loro Romeo e Giulietta vestiti male e parlanti peggio. La brutta: sono stati sostituiti da Niky e Alex, meno onomatopeici ma altrettanto irritanti. Federico Moccia non si ferma e ora ci racconta le storie d’amore tra quarantenni e diciassettenni. Ma come fece col finto borgataro Step, ce ne racconta solo lo stereotipo. Questa volta anche come regista. Se il motociclista era solo un riccastro traumatizzato che giocava a fare il ribelle, qui troviamo adolescenti che parlano solo con le vocali (preferibilmente la A, molto allargata) e 40enni immaturi e caricaturali: dagli uomini-bambini (Francesco Apolloni su tutti, ottimo) alle donne baby-sitter, che ne sopportano, in virtù di un maschilismo assistenzialista, ogni debolezza. Niky è Michela Quattrociocche, Alex Raoul Bova, troppo belli per far pensare alla differenza d’età. Moccia trova un’altra possibile immedesimazione per le sue “mocciose” (sono loro a definirsi così, sic), l’ennesima fonte di guadagno e persino un nuovo sport illegale: dopo le moto con cintura, l’autoscontro dal vero. In più dà a molti mariti fedifraghi la notizia che sopra i 17 anni possono uscire con le amiche delle figlie senza essere arrestati. Cinema sociale. Scusa, ma ti chiamo amore è l’ennesimo film giovanilistico che abbassa l’asta dell’intelligenza dello spettatore a livello di guardia. Sia chiaro, Moccia è bravo, sa intercettare emozioni e pensieri di questo mondo parallelo. Certo, 30 anni fa i “gggiovani” avevano Moretti, ora gli tocca questo furbo mestierante del vacuo. Scusate se lo chiamano cinema.