CHIOCCIOLA - 05/03/2009

5-3-1943/2009: nasce Battisti, il “beatle” italiano

DI CIRO

Mi devi credere, Emilio, mi devi credere: non volevo scriverti nel giorno dell’anniversario della nascita del Lucio nazionale, tantomeno inviarti un SMS di richiesta di una sua canzone… Troppo scontato, poco originale. Poi hai trasmesso “Vento nel vento” (tra le più belle canzoni d’amore insieme a “La donna cannone” e “La cura”) e ho cominciato a cedere… Poi hai dichiarato che per la musica italiana Lucio Battisti ha rappresentato l’equivalente di quel che rappresentano i Beatles! Per me viscerale stimatore del Nostro è stato troppo, fuggo gli indugi ed eccomi qua con queste righe. Nessuna sdolcinata commemorazione a un altro musicista ormai nel mondo dei più, ma solo approfittare dell’occasione per un doveroso memoriale (che vuol dire prendere un fatto del passato, attualizzarlo, renderlo significativo oggi). Su Lucio si è scritto fiumi di pagine, sotto i vari aspetti della sua personalità, della musica, fenomeno di costume e discografico. Non mi soffermo e non ripeto quanto già ampiamente detto, solo alcune annotazioni, forse troppo sintetiche, che posson ricordare il genio di Lucio, ben sapendo che chi ha vissuto l’epoca dei settanta e ascoltava rock certamente snobbava Lucio etichettandolo come fautore di una musica commerciale, leggera, per facili ascolti e sentimenti, non quella “impegnata” dei cantautori e del progressive. Niente di più falso! Preciso di omettere la parte riguardante i testi, certo pur incisiva, ma qui parliamo di composizione, arrangiamento, l’aspetto primario di un brano, di una canzone. Butto un po’ a casaccio le numerose innovazioni apportate da Lucio, senza approfondire il genio creativo della sua musica, compreso l’interessantissimo periodo dei “bianchi” di Panella (86-94). Sarebbe lunga esposizione e forse troppo “tecnica”.
Lucio è stato il primo “non cantante” ad affermarsi: quel che conta è l’interpretazione, pur senza sparare la voce. Ha immesso nella sua musica elementi di musica nera (Charles, Redding, Sam&Dave, si pensi all’inciso di “Mi ritorni in mente”, “Un’avventuara”) anglosassone (Donovan, Dylan) rock (Rolling, Led Zeppelin). Tra i padri del progressive italiano (“Amore e non amore”, “Umanamente uomo” con collaborazioni di Radius della Formula 3 e la PFM che pure ha lanciato e prodotto con la Numero Uno, primo esempio di etichetta indipendente). Presenza di passaggi blues (Birds, Dio mio no) grazie ai pezzi che ascoltava la sera dalle stazioni radio londinesi e ai dischi d’importazione che rimediava. Esempio di controllo sulla produzione (come Zappa) con partecipazione attiva con vari strumenti da lui suonati e negli arrangiamenti, evitando la prassi dei “contrattisti”, orchestrali da sala d’incisione: lui se li sceglieva personalmente, per creare il feeling e il sound giusti. Grande uso di falsetti (Le tre verità) e di raddoppi di voce (Questione di cellule) mescolanze (Pensieri e parole) e di sovrapposizioni per intervalli di 5^ e 8^ in molte canzoni, finte voci femminili (Comunque bella). Lucio era un perfezionista, ma in studio registrava in diretta, senza tanti artifici in missaggio, per trasmettere emozioni (leggendarie le sue lacrime alla 1^ di Emozioni). Ha fatto canzoni con solo chitarra (Supermarket, L’aquila), fischio, psichedelico ad effetti speciali (Il fuoco) distorsioni di voce (Macchina del tempo), sorrisetti, parlati, miagolii, canto onomatopeico, versi scimmieschi (Dio mio no). Questo a dir poco era impensabile e improponibile nel periodo. Poi ancora orchestra (Emozioni, Vento nel vento), tamburi (La canzone della terra), canzoni di oltre 7 minuti (Abbracciala…, Prendila così), solo strumentali o di un minuto e mezzo o “reprise” (Ancora tu, Due mondi). Presenza di effetti speciali (coda improvvisata in “Non è Francesca” con uso del suono invertito di chitarra elettrica). In molte canzoni abbiamo suoni esterni naturali e non (Una giornata uggiosa, Una donna per amico). Questo rende Lucio originale, un iniziatore. Lucio suonava bene la chitarra, discretamente piano e batteria e basso, ciò gli tornava utile nelle creazioni. Tra i primi a usare la batteria elettronica nell’82 e il computer, il monotonale (E già), il dub inglese, l’house (lo si riscontra in Cosa succederà alla ragazza), il rap (Ecco i negozi). Il primo videoclip italiano è suo (Ancora tu). Il primo che ha tentato - in verità con scarso successo – a esportare la musica italiana di consumo all’estero. Artista che si è sempre rinnovato, imponendo il suo stile, anche quando non trovava d’accordo i produttori, non approfittando di copiosi facili guadagni sull’onda del genere di successo. Cosa che ha “pagato” nel dopo Mogol. Lucio ha venduto milioni di dischi e per settimane al 1° posto delle vendita sia di 45 che di LP. L’autore che ha ispirato centinaia di cover con sessioni jazz, riferimento per molti attuali autori italiani e rockers (Vasco, Zucchero, De Gregori, Ligabue, Bersani per citarne alcuni). Il primo che ha rifiutato lo star system (poi seguito da Mina) e leggi di mercato e che ha fatto parlare la sua musica in luogo dei rotocalchi. Un brano funziona quando al 5°- 10° ascolto non stanca, ciò accade con molte canzoni di Lucio. Nelle canzoni di Lucio viene sempre prima la musica, poi Mogol (che ha acquistato qualità anche grazie alle di lui note ispirate) adattava il testo; così non avviene nel periodo Panella.
La faccio finita! Migliori dischi? Anima latina e Don Giovanni, ma pure gli altri non scherzano.
Ciao Radiorockiani, Emiliani (ma non della regione), Battistiani. CIRO.